Il nostro mondo ormai in un click!!

Eccoci qui sempre connessi sempre on line!

Negli ultimi anni ormai tutto è cambiato e la pandemia ci ha spinto sempre più velocemente in questa voragine, siamo dipendenti da strumenti che governano le nostre giornate!! smartphone sempre più’ evoluti, diventati scrigni segreti delle nostre emozioni. Tutto legato ad un pin, una password, un riconoscimento facciale… e poi ci catapultiamo nel mondo dei social…ma siamo davvero noi stessi? o cerchiamo un rifugio, un’evasione da tutto ciò che non ci piace, qualcosa che non ci fa vivere bene? il nostro nickname ci descrive per quello che siamo o per quello che vorremmo essere? Talvolta è un’identità virtuale che snatura la nostra vera dimensione…

Il web è indubbiamente uno spazio relazionale che destruttura lo spazio fisico e temporale; la prevalenza infatti del messaggio scritto spesso mediato dalle faccine –spazi emotivi condivisi ma interpretabili– e la totale assenza della corporeità, per esempio il non poter ammirare lo sguardo (da sempre definito specchio dell’anima) o leggere e interpretare il non verbale, limitano la possibilità di conoscere la persona integralmente con cui nonostante ciò riusciamo a condividere pensieri ed emozioni molto forti. Infatti, le storie che iniziano on line spesso sono vissute molto intensamente perché sono caratterizzate da illusione e mistero situazioni che amplificano il desiderio dell’altro. Tuttavia, tutto ciò non è scevro da rischio, infatti dietro lo schermo può nascondersi chiunque… veniamo spesso intrappolati in una maglia di emozioni di cui in verità non conosciamo neanche la veridicità. Sui social siamo sempre più ansiosi, ormai valutiamo le nostre relazioni in base a quanti like o cuoricini riceviamo se le nostre storie vengono seguite e con quale costanza. Talvolta ci capita di aspettare spasmodici la risposta dopo la comparsa della doppia spunta blu della risposta ….e quando questa non arriva..? andiamo sempre più in ansia cerchiamo conferma guardiamo il pc, il telefono, il tablet… Se siete sempre in attesa niente di strano che siete vittime del ghosting o dell’orbiting.

Cosa significano in realtà questi due fenomeni, ormai capisaldi dell’innamoramento ai giorni nostri?

Con il termine ghosting facciamo riferimento a quel fenomeno in cui a noi sembra che in quella relazione tutto stia andando bene sembra che ci sia sintonia e invece improvvisamente quella persona sparisce nel nulla senza darci spiegazioni, ad esempio la classica spunta blu a cui non segue nessuna risposta. Quel tipo di comportamento in cui una persona sparisce nel nulla come se fosse un fantasma, fa scaturire un ansia compulsiva del controllo dei social. Tale situazione genera sentimenti contrastanti che in qualche maniera suscitano in noi un atteggiamento di attesa che ci provoca ansia rendendoci spasmodici nel controllare il cellulare e di vedere, cercare e controllare l’ultimo accesso dandoci anche le giustificazioni più assurde. Magari l’altra persona ci ha già mollato in cuor suo senza dircelo e noi siamo ancora alla ricerca del like e qui che la storia si complica ed arriva il tanto temuto orbiting: l’altro sparisce, ma non troppo. L’ orbiting esiste perché esistono i social, i like, i cuoricini che nutrono le nostre relazioni al punto da diventare momenti di eccitazione, ma è soltanto una strategia artificiosa e selvaggia, un sottile gioco psicologico… noi costruiamo i nostri castelli ma la realtà è ben altra, forse non “piaciamo” abbastanza da prendere il telefono per invitarci ad uscire?

Le domande che affollano la mente di chi si trova ad essere vittima dei ghoster o degli orbiter sono moltissime e vanno dalle più evidenti (perché è sparito/a? perché continua a seguire le mie storie se mi ha bloccato?) alle più complesse (come ha potuto dire di non avere mai conosciuto una persona speciale come me e poi bloccarmi su tutti i social e sul cellulare per una banale discussione? Quanto sono in grado di riconoscere il valore dell’altro? Nella vita mi sono sempre illuso/a?… domande che possono aprire varchi su antri oscuri e terrificanti dell’anima; domande alle quali non sempre si riesce a rispondere…

I fenomeni del ghosting e dell’orbiting, dei quali abbiamo parlato e che sono chiaramente riconducibili al recente, radicale, cambiamento dei paradigmi relazionali, interessano gli psicologi per diverse ragioni. In primo luogo perché, sempre più spesso, la clinica psicologica ha da fare con giovani che, avendo accumulato un certo numero di ferite da ghoster o da orbiter, giungono alla consultazione dello specialista nel tentativo di capire “cosa c’è di sbagliato in loro”, cosa li rende bersagli preferenziali di questi “terroristi dell’affettività”, che prima illudono e poi feriscono, abbandonando; in secondo luogo, l’esistenza stessa dei ghoster e degli orbiter spinge gli esperti a chiedersi quali fattori individuali, relazionali e sociali siano in grado di spiegare il cinismo e la totale mancanza di empatia che caratterizzano i suddetti individui, tanto più che la massiccia diffusione di queste aberranti condotte “virtuali”, non corrisponde ad un pari incremento delle psicopatologie in età giovanile, ovvero i ghoster e gli orbiter non sono individui affetti da disturbi psicopatologici, piuttosto sono ragazzi “normali”, ossia stimati compagni di classe, cordiali vicini di casa, vecchi amici di comitiva … insomma sono intorno a noi, li conosciamo da anni e non potremmo mai immaginare che dietro quei rassicuranti volti vi siano persone, virtualmente, poco affidabili, capaci di seminare illusioni e sofferenze, senza poi avvertire alcun rimorso: come ad esempio i c.d. “leoni da tastiera” che nascondendosi dietro uno schermo fanno commenti inopportuni capaci di ferire/condizionare psicologicamente le persone, suscitando tristezza e nei casi più gravi sentimenti di vuoto esistenziale.

D’altra parte se è vero che questi soggetti non sono identificabili come affetti da specifiche psicopatologie, è altrettanto vero che il loro comportamento induce a presumere che siano portatori di stili dell’affettività disfunzionali (in letteratura si parla di attaccamento disorganizzato o evitante) e che la loro organizzazione personologica sembrerebbe connotata da marcati tratti narcisistici e paranoidei, il che non impedisce di condurre uno stile di vita “normale”, ma senz’altro fa di loro dei perfetti candidati quali partner incapaci di empatizzare con i bisogni affettivi dell’altro.

La comprensione di questi fenomeni richiede molto spesso una decodifica in controluce … l’intervento esperto di chi può riconoscere la filigrana autentica del dolore e del senso di smarrimento che si cela in certe esperienze di vita quotidiana, il cui significato e impatto emotivo sono spesso sottovalutati se non, talvolta, sbrigativamente svalutati dagli adulti di riferimento (peggio per te che ti innamori su instagram!!!).